Deve risarcire i danni al proprietario dell'immobile l'affittuario che non rispetta l'obbligo, contrattualmente assunto, di far visitare l'immobile agli aspiranti acquirenti. Infatti, l'impedimento dell'accesso del proprietario in un immobile dallo stesso destinato alla vendita è in sé idoneo a pregiudicare le trattative e la possibilità stessa dell'alienazione.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19543 depositata il 30 settembre 2015, che conferma la condanna del conduttore a consentire l'accesso all'abitazione una volta alla settimana per almeno due ore con esclusione dei giorni festivi, nonché al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio.
Il conduttore aveva proposto ricorso in cassazione sostenendo, tra l'altro, di aver impedito la visita dell'immobile soltanto in una circostanza, per cui non si poteva configurare alcun inadempimento contrattuale. Ma a smentire argomentazioni del conduttore c'è una lettera che lo stesso aveva fatto inviare dal suo avvocato per mettere in discussione il diritto di visita. In un'altra occasione, inoltre, il conduttore, restio ad aprire la porta di casa alle visite, aveva affermato che queste erano in contrasto con la tutela della sua libertà personale.
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Per la suprema Corte si tratta di circostanze che confermano la volontà del conduttore di non adempiere all'obbligo contrattuale, con un comportamento evidentemente contrario alla buona fede che deve caratterizzare l'esecuzione del contratto. Dunque, la sentenza impugnata, messo in risalto che il base alla clausola contrattuale il conduttore era tenuto a consentire la visita dell'immobile, e che la stessa prospettata violazione della libertà personale con il diritto di visita era significativa della volontà di sottrarsi all'adempimento di obblighi assunti, ha correttamente valutato l'inadempimento della clausola in argomento.
La Cassazione ha respinto anche le eccezioni contro la condanna al risarcimento del danno, consistenti nella presunta assenza di prova circa il nesso di causalità tra condotta e danno.
Secondo i giudici di legittimità, l'impedimento dell'accesso del proprietario in un immobile dallo stesso destinato alla vendita è in sé idoneo a pregiudicare le trattative e la possibilità stessa dell'alienazione. Peraltro, nella stessa clausola contrattuale, esplicitamente si collegava il diritto di visita con la decisione di vendere l'immobile.
Nel caso di specie – conclude la Corte – è stato correttamente applicato il principio secondo il quale la condanna generica al risarcimento danni presuppone soltanto l'accertamento di un fatto potenzialmente dannoso, in base ad un accertamento anche di probabilità o di verosimiglianza, mentre la prova dell'esistenza in concreto del danno, della sua reale entità e del rapporto causale è riservata alla fase successiva di determinazione e di liquidazione, “sicché la pronuncia sulla responsabilità si configura come una mera declaratoria juris, da cui esula qualunque accertamento in ordine alla misura ed alla concreta sussistenza del danni, con la conseguenza che il giudicato formatosi sulla responsabilità non incide sul giudizio di liquidazione” (Cass. civ. n. 6257 del 2002).
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