Il provvedimento, emesso dalla Corte di Cassazione e' di notevole interesse in quanto, da una parte, illustra cosa occorra per accertare che un 'bene'sia condominiale e, dall'altra parte,spiega la definizione soggettiva di 'condo'mino'.
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Il fatto. I condo'mini titolare dei garage e dell'area sotterranea in cui sono ubicati i posti auto hanno fatto causa ad altri condo'mini ancora, in quanto proprietari degli stalli di cui all'area scoperta (posta poco piu' in su rispetto quella di accesso ai boxes).
Il motivo della lite? Far accertare che questi ultimi non possano utilizzare l'area di relativa pertinenza.
A loro modo di vedere 'per acquisire la qualita' di condomino e' necessario essere proprietario di un'unita' immobiliare nell'ambito dell'edificio condominiale', ossia di piani o porzioni di piani e non anche di posti auto.
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I condo'mini ricorrenti hanno invocato il Regolamento condominiale (il quale escludeva dalle spese per le aree e i giardini comuni i titolari di soli posti auto) e le tabelle millesimali (che prevedevano una caratura dei posti auto riferibile ad un condominio parziale - quindi non esteso alle parti strutturali di pertinenza degli attori ricorrenti -), per legittimare la pretesa in disamina.
Inoltre, hanno affermato che le modalita' di utilizzo dei beni da parte dei proprietari dei posti auto scoperti integrerebbe, altresa'¬, la violazione di un diritto di servitu' tra diversi fondi, autonomi e distinti.
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Ecco come esercitare l'azione. La causa in questione ha ad oggetto l'accertamento della 'condominialita' ' dei beni nei confronti di alcuni compartecipi (cioe' i proprietari dei posti auto scoperti che non sono anche titolari di unita' immobiliari all'interno dell'edificio).
L'azione di accertamento negativo della 'servitu'' deve essere svolta da parte dei condo'mini (e non del condominio) rispetto gli altri partecipanti, cioe' nei confronti di coloro a cui si nega la 'comunione dei beni'.
Per consolidata interpretazione della Corte di Cassazione, il contraddittorio, essendo oggetto di lite un rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile, deve essere allora integrato nei confronti di tutti i condomini, nessuno escluso. Poichè, infatti, la lite involge l'accertamento della 'condominialita' ', ovvero la ricomprensione, o meno, di una o alcune porzioni di proprieta' esclusiva nel condominio edilizio, di cui all'art. 1117 c.c. (ed all'art. 1117 bis c.c., per come aggiunto dalla legge n. 220 del 2012, pur qui inapplicabile rationetemporis), e proprio perchè viene messa in discussione - con finalita' di ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato - l'estensione della comproprieta' di tutti i partecipanti al condominio, la mancata partecipazione di uno o alcuno dei condomini al giudizio comporta la nullita' dello stesso (arg. da Cass. Sez. 2, 18/04/2003, n. 6328; Cass. Sez. 2, 01/04/1999, n. 3119; Cass. Sez. 2, 06/10/1997, n. 9715; nonchè da Cass. Sez. 2, 14/10/1988, n. 5566; Cass. Sez.
U, 13/11/2013, n. 25454, che suppone l'eccezione di proprieta' esclusiva del bene, frapposta dal condomino convenuto da altro condomino, senza pero' mettere in discussione la comproprieta' degli altri soggetti).
Sul merito della Sentenza. La Corte di Cassazione ha piu' volte affermato che la disciplina del condominio degli edifici, di cui agli artt. 1117 c.c. e ss., e' ravvisabile ogni qual volta sia accertato in fatto un rapporto di accessorieta' necessaria che lega alcune parti comuni, a porzioni, o unita' immobiliari, di proprieta' singola (delle quali le prime rendono possibile l'esistenza stessa o l'uso).
La nozione di condominio si configura, pertanto, non solo nell'ipotesi di fabbricati che si estendono in senso verticale ma anche nel caso di beni adiacenti orizzontalmente, purchè dotati delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dal citato art. 1117 c.c.
Peraltro, pure quando manchi un cosa'¬ stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, la condominialita' di un complesso immobiliare, che comprenda porzioni eterogenee per struttura e destinazione, puo' essere frutto della autonomia privata.
Anche, dunque, i proprietari esclusivi di spazi destinato a posti auto, compresi nel complesso condominiale, possono dirsi condomini, in base ai criteri fissati dall'art. 1117 c.c., e quindi presumersi comproprietari (nonchè obbligati a concorrere alle relative spese, ex art. 1123 c.c.) di quelle parti comuni che, al momento della formazione del condominio, si trovassero in rapporto di accessorieta' , strutturale e funzionale, con le singole porzioni immobiliari (arg. da Cass. Sez. 2, 02/03/2007, n. 4973; Cass. Sez. 2, 08/05/1996, n. 4270; Cass. Sez. 2, 16/04/1976, n. 1371).
Ai fini dell'accertamento della proprieta' condominiale ex art. 1117 c.c. del tratto di strada oggetto di 'lite' e delle adiacenti aree 'comuni' in favore dei titolari dei posti auto, non assumevano, allora, carattere dirimente, il regolamento di condominio e l'annessa tabella di ripartizione delle relative spese, non costituendo tali atti titoli di proprieta' un titolo di proprieta' (cosa'¬ Cass. Sez. 2, 21/05/2012, n. 8012).
Conclusione. Una volta ritenuto sussistente un nesso strumentale tra i posti auto di proprieta' esclusiva dei singoli proprietari e le 'parti comuni' di titolarita' dei ricorrenti, non puo' che concludersi verso la 'condominialita' ' dei beni in disamina.
D'altra parte, in controversie come quella affrontata non sussiste alcuna violazione del diritto di servitu'.
La normativa condominiale e' costruita da un insieme di diritti e obblighi, armonicamente coordinati, contrassegnati dal carattere della reciprocita' , che escludono la possibilita' di fare ricorso a tale disciplina.
L'istituto della 'servitu'', invero, presuppone fondi appartenenti a proprietari diversi, nettamente separati, uno al servizio dell'altro.
In altri termini, la condominialita' o meno di un bene non puo' essere accertata nell'ambito di un'azione negatoria ex art. 949 c.c. avente ad oggetto la cessazione delle molestie attribuite.
Semmai, in una simile situazione (per come visto sopra), la domanda giudiziale dovrebbe essere argomentata sulla base della violazione del precetto di cui all'articolo 1102 c.c.. Ma questo e' un altro discorso ancora'¦