“In una compravendita immobiliare, dopo la sottoscrizione del preliminare, non e' giustificabile il rifiuto del promittente acquirente di stipulare il rogito per la sussistenza di modeste infiltrazioni dal caminetto, la necessita' di sostituire la cassetta del w.c. e di adeguare i locali caldaia e cucina con realizzazione dei fori di areazione.
Una simile condotta, infatti, e' «contraria a buona fede» e costituisce una reazione del tutto sproporzionata a fronte di problematiche facilmente emendabili”. Questo e' il principio di diritto espresso dal Tribunale di Treviso con la sentenza n. 2471 del 10 ottobre 2016 in merito alla validita' della compravendita immobiliare.
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I fatti di causa. L'oggetto del contendere e' la domanda proposta da Tizio (promittente acquirente) di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c. del contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto l'unita' immobiliare con la consequenziale domanda di condanna alla restituzione dell'importo di Euro 35.000,00, versato a titolo di caparra.
Nella promessa di vendita l'immobile veniva descritto come casa di abitazione (edificio costruito nei primi anni 90); inoltre veniva precisato che il promissario acquirente poteva visionare l'immobile ancora occupato dalla famiglia del convenuto e completamente arredato.
Premesso cio', l'attore, solo a seguito degli accessi successivi alla stipula del preliminare, si avvedeva della presenza di importanti infiltrazioni di acqua nel caminetto della veranda, macchie di umidita' nelle pareti e nei rivestimenti, dell'assenza dello scarico della doccia del locale caldaia, nonchè dei fori di aerazione nel locale caldaia e nella cucina.