Si sente spesso dire che il giudice ha compensato le spese di lite, rendendo – per certi versi – vana la causa.
Ma che cosa vuol dire esattamente compensare le spese di lite, quando cio' e' possibile, in che modo e come si puo' contestare questa decisione?
Partiamo dalla nozione generale di compensazione delle spese di lite: si tratta della decisione del giudice al termine della causa stabilisce in che modo debbano essere ripartite tra le parti le spese legali che queste hanno sostenuto.
Si badi: il giudice nel pronunciare un'eventuale condanna al pagamento delle spese legali non stabilisce che la parte soccombente debba versare a quella vincitrice quanto questa ha effettivamente sborsato per l'onorario del proprio avvocato, ma pia'¹ semplicemente una somma stabilita secondo tabelle approvate dal Ministero della Giustizia (d.m. n. 55/2014).
Cosa'¬, ad esempio, se per una particolare causa le tabelle dicono che la parte soccombente possa essere condannata al rimborso di € 5.000,00 ma questa ha speso € 6.000,00, il rimborso si fermera' a quanto stabilito dal decreto ministeriale.
Chiaramente vale anche il contrario. Resta ferma la possibilita' per le parti in causa di impugnare la sentenza anche solamente per la questione riguardante le spese di lite.
Ma torniamo al fatto che ci interessa: la compensazione delle spese di lite.
Nel corso degli anni addossare alle parti le spese sostenute per il pagamento del proprio avvocato, al di la' della soccombenza era divenuta una costante specie nei giudizi di primo grado. In molti uffici giudiziari era prassi compensare le spese indipendentemente da chi avesse ragione o torto.
Le formule con cui i giudici arrivavano a tale decisione erano delle pia'¹ semplici, del genere “ricorrono giusti motivi per compensare le spese”. Queste decisioni finivano per essere impugnate e ribaltate in appello; il nostro ordinamento, d'altra parte, si fonda sul principio della soccombenza.
Chi perde paga, questa la traduzione del principio, ma evidentemente non sempre era possibile applicare con chiarezza questa regola.
Che cosa s'e' fatto per rendere la condanna alle spese, al posto della famigerate compensazione, sempre pia'¹ automatica, come dovrebbe essere, e meno eccezionale (condizione che dovrebbe riguardare la compensazione?).
Il legislatore e' intervenuto in pia'¹ occasioni sugli articoli del codice di procedura civile – il 91 ed il 92 –specificamente dedicati alle spese di lite.
L'attuale primo comma dell'art. 91 del codice di rito recita:
“Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa.
Se accoglie la domanda in misura non superiore all'eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 92”.
Questo e' il principio generale della soccombenza di cui si diceva prima: chi perde paga.
E' la compensazione? Attualmente il secondo comma dell'art. 92 recita: “Se vi e' soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novita' della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice puo' compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero.”
Insomma “l'ognuno paga per sè” dovrebbe poter essere sentenziato dal giudice solamente in casi eccezionali, ossia quando le parti hanno reciprocamente torto, oppure quando hanno litigato su una causa particolarmente incerta o nuova da rendere ingiusto aggravare la sconfitta con il pagamento delle spese legali.
Quello che si segnala, tuttavia, specie per cause di piccolo valore o per i ricorsi avverso le sanzioni amministrative e' un costante ribadimento dell'automatica compensazione. Come dire: chi voglia faccia appello (e anticipi altri denari), per far applicare correttamente la legge!
=> Mediazione: chi si rifiuta paga il doppio delle spese.