In tema di locazione, fra le armi a disposizione del proprietario contro l'inquilino che non vuole andare via, se sono venute meno le condizioni per la sua permanenza all'interno della casa, non c'e' mai la denuncia penale ma solamente il procedimento di sfratto o l'azione di occupazione senza titolo.
Questo e' il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione Penale con la sentenza n. 16932 del 22 aprile 2016 in merito all'occupazione di un immobile oltre il tempo concesso dal proprietario.
Preliminarmente. E' importante evidenziare che per liberare l'immobile dai conduttori morosi o soggetti privi di titolo, l'unica alternativa e' incardinare una causa civile, ovvero una procedura esecutiva di sfratto.
Per tale azione, giova ricordare devono sussistere 2 presupposti fondamentali: che sia stato stipulato e registrato un contratto di locazione (se il contratto non e' registrato, si deve procedere con la causa ordinaria di occupazione senza titolo a cui si aggiungera' l'ulteriore esecuzione forzata); che il conduttore dell'immobile non ha pagato il canone. In questo caso, il soggetto cui sia stato intimato lo sfratto per morosita' puo' evitare la pronunzia della convalida pagando i canoni pregressi prima dell'udienza di comparizione.
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I fatti di causa. Mevia (proprietaria di un immobile), conveniva in giudizio dinanzi al competente Giudice di Pace, Tizio e Caia, contestando loro il reato di cui all'art. 633 c.p. (Invasione di terreni o edifici), in quanto senza alcun titolo e contro la volonta' della proprietaria, arbitrariamente lo occupavano.
Tuttavia gli imputati venivano assolti, in quanto, a parere del giudice, la condotta posta in essere non era caratterizzata dal requisito della arbitrarieta' : la proprietaria aveva consentito il possesso dell'immobile da parte degli imputati, sia pure al fine di liberarlo dalle suppellettili dei genitori di Tizio, che in precedenza, e fino alla loro morte, avevano legittimamente occupato quell'appartamento con un regolare contratto di locazione. Avverso tale pronuncia, la ricorrente proponeva ricorso presso la Corte di Cassazione.
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Il problema della vicenda: l'occupazione dell'immobile contro la volonta' del proprietario. La locazione, in diritto, costituisce il contratto con il quale una parte (detta locatore) si obbliga a permettere a un altro soggetto (conduttore o locatario) l'utilizzo di una cosa per un dato tempo in cambio di un determinato corrispettivo (la cosiddetta 'pigione' o 'canone'). Nel caso di morte del locatore, dal punto di vista strettamente civilistico, gli eredi, anche se non hanno alcun obbligo, possono subentrare al deceduto nei rapporti giuridici, in corso alla data della morte. Il decesso, quindi, non comporta una risoluzione anticipata del contratto, in quanto lo stesso rimane valido, alle medesime condizioni.
Per quanto riguarda, invece, il caso in cui muore il conduttore, l'articolo 6 della Legge 392/1978 dispone che gli eredi conviventi abituali hanno diritto a continuare ad occupare l'immobile; gli eredi non conviventi abituali, invece, non possono avanzare alcun diritto o pretesa in merito alla locazione e lo stesso possessore (locatore) puo' rescindere il contratto come stabilito dal comma 6, dell'articolo 3, della Legge 392/1978.
Premesso cio', nella fattispecie in esame, alla morte dei conduttori (genitori di Tizio), la proprietaria aveva autorizzato Tizio e Caia (conviventi non abituali) al possesso dell'appartamento, al fine di liberare l'appartamento dai suppellettili (mobilio). Sicchè, in questo caso, non vi era una fattispecie penale (invasione arbitraria dall'esterno in un immobile altrui) in quanto vi era stata la volonta' della locatrice, anche se di breve periodo, all'occupazione dell'immobile.
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L'interpretazione della Corte di Cassazione. Conformemente ai principi esposti dalla giurisprudenza di legittimita' , la Corte ha avuto modo di precisare che la condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici consiste nell'introduzione dall'esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione, di talchè l'invasione non ricorre laddove il soggetto, entrato legittimamente in possesso del bene, prosegua nell'occupazione contro la sopraggiunta volonta' dell'avente diritto. (In senso conforme Corte di Cassazione Penale Sentenza n. 51754 del 03/12/2013; Cass. n. 43393 del 2003 e n. 2337 del 2006).
Difatti, risulta accertato che nel caso di specie deve escludersi la sussistenza del requisito dell'invasione, nell'irrilevanza della sopravvenuta manifestazione di volonta' contraria, espressa dalla proprietaria. La giurisprudenza citata conferma la tesi del giudice di pace, trattandosi di fattispecie caratterizzata da un preliminare consenso al possesso dell'immobile (la consegna delle chiavi).
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Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, conformemente al ragionamento esposto dal Giudice di Pace, la Corte di Cassazione, ha rigettato il ricorso. Quindi, alla proprietaria non rimane che incardinare una causa civile.
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