In tema di uso delle cose comuni e pia'¹ nello specifico di apposizione, in uno spazio condominiale, di sedie e tavolini da parte di un bar ubicato nella compagine condominiale, a quale giudice bisogna rivolgersi se sorgono controversie in merito a tale problematica.
Detto in poche parole: qual e' il giudice competente a decidere sulle liti che riguardano le sedie ed i tavolini dei bari in condominio?
=> Tavolini e sedie dei bar nelle parti comuni
Come spesso accade in ambito giuridico, l'oggetto della contestazione influisce sulla individuazione del giudice competente a decidere della controversia. Sedie e tavolini dei bar non fanno eccezione: vediamo perchè.
Ci fornisce lo spunto per chiarire la questione, una sentenza resa dal
Ci fornisce lo spunto per chiarire la questione, una sentenza resa dalla Suprema Corte di Cassazione e pia'¹ nello specifico la sentenza n. 21910 depositata in cancelleria in data 27 ottobre 2015.
In breve, il casus belli: i proprietari di un bar apponevano nel cortile condominiale, antistante alcune unita' immobiliari di proprieta' esclusiva, alcune sedie e tavolini a servizio della loro attivita' commerciale. I proprietari delle abitazioni ritenevano illegittimo l'uso siffatto di quello spazio comuni e li convenivano in giudizio davanti al locale Tribunale per ottenere rimozione delle cose e la condanna al risarcimento del danno.
Il Tribunale adito, su istanza dei convenuti, si dichiarava incompetente; secondo il giudice investito della controversia, infatti, questa atteneva alla misura e modalita' d'uso delle cose comuni, ossia ad una tipologia di lite che, ai sensi dell'art. 7 del codice di procedura civile, rientra nella competenza esclusiva del giudice di pace. Per competenza esclusiva, s'intende l'obbligo di rivolgersi all'ufficio del giudice di pace qualunque sia il valore della causa.
Questa decisione non veniva condivisa dagli attori che la impugnavano davanti alla Corte di Cassazione: i giudici di piazza Cavour, con la sentenza n. 21910, hanno confermato la sentenza impugnata.
Motivo?
Secondo gli ermellini e' pacifico che 'le controversie relative alle modalita' d'uso dei servizi di condominio rientrino nella competenza dei giudici di pace, si tratti di riduzioni quantitative del diritto di godimento dei singoli condomini sulle parti comuni o di limiti qualitativi di esercizio delle facolta' comprese nel diritto di comunione, in proporzione delle rispettive quote. Viceversa, vanno ricomprese nella competenza del tribunale le liti relative ai limiti di esercizio del diritto del condomino sulla sua proprieta' e quindi alle limitazioni all'esercizio di tale diritto di proprieta' esclusiva che siano imposte da un atto di obbligo, quale anche una clausola regolamentare limitativa (Cass. 23297/14; 2483 e 869/12)'.
In buona sostanza, per la Corte nomofilattica, contestare una modalita' d'uso di un bene comune e' cosa differente dalla contestazione del diritto d'uso in sè e per sè.
Tale differenza, dicono i giudici, e' quella che consente di distinguere le cause in merito alle modalita' sul diritto d'uso dalle controversie sul diritto d'uso da parte del singolo.
Insomma dire ad un condomino che non puo' utilizzare il bene comune e' cosa differente dall'imporgli o vietarli determinate modalita' d'utilizzazione: nel primo caso la competenza atterra' al Tribunale, nella seconda ipotesi - ai sensi dell'art. 7 c.p.c. - al giudice di pace.
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=> I limiti all'uso del cortile condominiale in assenza di regolamento