Il locatore e' responsabile per la caduta dell'inquilino a causa del crollo del parapetto del balcone benchè il fatto si sia verificato per un uso improprio del balcone da parte del conduttore e nonostante il divieto di accesso ad esso contenuto nel contratto.
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La vicenda. Durante una festa in un appartamento concesso in locazione e ubicato al quinto piano di un condominio, un ragazzo, forse seduto sul parapetto, cadeva a causa del suo cedimento.
Il danneggiato agiva in giudizio sia contro il proprietario dell'immobile che contro il condominio.
In primo grado, il Tribunale condannava il convenuto a risarcire l'attore, mentre escludeva la responsabilita' dello stabile condominiale, non essendo il balcone un bene comune.
In appello, invece, veniva esclusa la responsabilita' del proprietario ex art. 2053 c.c. giacchè la rovina del parapetto sarebbe derivata dall'uso improprio fattone dal ragazzo, che vi si era seduto in stato di alterazione alcolica. Il danneggiato ricorreva in Cassazione.
Rovina di edificio (art. 2053 c.c.).Il proprietario di un edificio o di altra costruzione e' responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina salvo che provi che questa non sia dovuta ad un difetto di manutenzione o ad un vizio di costruzione.
Con il lessema “rovina” la giurisprudenza ricomprende il crollo totale o parziale dell'immobile, ma anche la disgregazione degli elementi accessori.
Ad esempio, rientrano nel suddetto concetto la caduta di una tegola o dell'intonaco dalla facciata o del vetro di una finestra, la rottura di un tubo che provochi infiltrazioni (Cass. 23939/2009; Cass. 11053/2008).
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Cedimento del parapetto. La suprema Corte, con la pronuncia in commento (Cass. 8673/2017), ha ritenuto rientrante nella disciplina del 2053 c.c. il crollo del parapetto.
L'opera in discorso era costituita da elementi laterizi traforati, sovrastati da una lastra di travertino.
Una porzione della struttura in laterizio aveva ceduto, determinando la caduta del ragazzo che vi si era seduto o appoggiato (la circostanza, infatti, non e' stata provata).
Il giudice d'appello aveva escluso la responsabilita' del proprietario sia perchè egli aveva intercluso l'accesso al balcone con un'apposita clausola nel contratto di locazione sia perchè il ragazzo aveva fatto un uso improprio del parapetto, imponendo un peso eccessivo e determinandone il crollo.
Per contro, la Corte di Cassazione ritiene non adeguatamente motivata la pronuncia di secondo grado, considerando che le argomentazioni addotte non forniscano la prova liberatoria che la legge richiede al proprietario per sgravarlo da qualsiasi forma responsabilita' .
Responsabilita' oggettiva aggravata. Il citato art. 2053 c.c. pone in capo al titolare di un bene immobile una forma diresponsabilita' oggettiva aggravata [1] .Il proprietario, infatti, e' responsabile a prescindere dal fatto che la sua condotta sia o meno colposa; pertanto, il danneggiato non ha l'onere di dimostrare la colpa del proprietario, il quale risponde per il solo fatto di essere tale.
Il legislatore, quindi, ha posto in capo al titolare del bene tutti i rischi inerenti al godimento ed alla disponibilita' della cosa.
Non solo, ha aggravato la sua posizione richiedendo al proprietario del bene la cosiddetta “prova liberatoria”, che lo svincoli dalla presunzione di colpa gravante su di lui.
Prova liberatoria. Preme sottolineare come non sia sufficiente dimostrare che il proprio comportamento sia stato diligente, prudente e perito, ma occorre provare un fatto esterno alla condotta dell'agente, idoneo ad interrompere il nesso causale tra il comportamento ed il danno. Si tratta di un fatto naturale, del fatto di un terzo o del danneggiato.
In buona sostanza, il proprietario deve allegare un fatto dipeso da forza maggiore, si pensi ad un terremoto o ad un'alluvione, oppure un comportamento del danneggiato che per imprevedibilita' , eccezionalita' ed inevitabilita' sfugga al controllo del titolare del bene (Cass. 23945/2009).
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Parapetto del balcone: funzione ed altezza richiesta dalla legge. La funzione del parapetto e' quella di evitare la caduta nel vuoto delle persone o degli oggetti che si trovino sul balcone.
Quanto alle sue dimensioni, la normativa di riferimento e' il Decreto Ministeriale - Ministero dei Lavori Pubblici 14 giugno 1989, n. 236 recante “Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilita' , l'adattabilita' e la visitabilita' degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche”.
Il citato D.M. 236/89si applica a tutte le costruzioni realizzate posteriormente alla sua entrata in vigore e a quelle edificate anteriormente ma oggetto di interventi di ristrutturazione. L'art. 8.0.1 dispone che l'altezza del parapetto vada valutata con le seguenti modalita' : «distanza misurata in verticale dal lembo superiore dell'elemento che limita l'affaccio (copertina, traversa inferiore infisso, eventuale corrimano o ringhierino) al piano di calpestio». L'art. 8.0.8 dispone che: «il parapetto deve avere una altezza minima di 100 cm ed essere inattraversabile da una sfera di 10 cm di diametro.
Per permettere il cambiamento di direzione, balconi e terrazze dovranno avere almeno uno spazio entro il quale sia inscrivibile una circonferenza di diametro 140 cm.» Lo stesso dicasi per il parapetto delle scale che costituisce la difesa verso il vuoto,il quale «deve avere un'altezza minima di 1,00 m ed essere inattraversabile da una sfera di diametro di cm 10».
Parapetto del balcone: bene di proprieta' esclusiva. Il parapetto del balcone e' un bene di proprieta' esclusiva del titolare dell'appartamento a cui accede.
I giudici, infatti, rigettano la richiesta risarcitoria proposta dal danneggiato contro il condominio, escludendone la natura di bene comune.
A riprova di cio', si ricorda che le spese per il rifacimento della ringhiera o del parapetto gravano in toto sul proprietario.
Si ricorda che il parapetto (o la ringhiera) rientra nella res communis, allorchè sia installato su di un lastrico solare che consenta l'affaccio su spazi comuni, quali il cortile condominiale.
Conclusioni.Con la pronuncia oggetto di scrutinio (Cass. 8673/2017), gli Ermellini cassano il percorso argomentativo elaborato dal giudice d'appello. Infatti, non pare essere stato dimostrata l'alterazione alcolica del ragazzo, cosa'¬ come l'uso improprio del balcone.
La semplice “seduta” sul parapetto non puo' ritenersi idonea ad averne cagionato il cedimento, in quanto la circostanza del peso eccessivo imposto alla struttura non e' stata allegata.
In buona sostanza, la motivazione fornita dal giudice di merito non risponde al “minimo costituzionale”, poichè le argomentazioni addotte risultano incomplete ed inidonee a comprendere gli elementi di prova. Secondo la Cassazione, nel caso in esame, e' configurabile la responsabilita' del proprietario ex art. 2053 c.c., poichè la “rovina di edificio” e' integrata da qualsiasi disgregazione, anche degli elementi accessori, incorporati nel bene principale.
Inoltre, non e' stata raggiunta dal proprietario la prova liberatoria volta a dimostrare che il danno non e' stato occasionato da un vizio di costruzione o da un difetto di manutenzione, ma da un fatto esterno dotato di autonoma efficacia causale, come il caso fortuito o la condotta del danneggiato.
In conclusione, in difetto di prova contraria, il titolare del bene deve rispondere dei danni da esso provocati.
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Avv. Marcella Ferrari
Avvocato del Foro di Savona