Nel caso di assegnazione della casa familiare al coniuge collocatario della prole, le spese di manutenzione dei beni comuni gravano sul proprietario, se la data della delibera assembleare e l'esecuzione dei lavori sono anteriori al sorgere del diritto di abitazione in capo alla moglie (Corte Cass., sez. II, 20 aprile 2017 n. 9998).
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La vicenda. In sede di separazione giudiziale dei coniugi, il giudice assegnava alla moglie, collocataria della prole, la casa di proprieta' esclusiva del marito.
Alcuni mesi prima, l'assemblea condominiale aveva deliberato l'esecuzione di importanti lavori all'edificio e l'uomo aveva corrisposto una somma di poco superiore ai settemila euro.
Il marito agiva in giudizio per ottenere dalla moglie la ripetizione della cifra di cui sopra, in ragione del diritto di abitazione da lei esercitato sull'appartamento in oggetto. In primo ed in secondo grado, veniva accolta la domanda dell'uomo.
Secondo i giudici di merito, infatti, la moglie godeva del diritto di abitazione e, pertanto, erano a suo carico le spese di custodia, manutenzione ed amministrazione del bene. La donna contestava il decisume ricorreva in Cassazione.
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Il diritto di abitazione.La ricostruzione della Corte d'Appello, che conferma quella del Tribunale, scaturisce dall'interpretazione delle norme sul diritto di abitazione. Trattasi di un diritto reale minore disciplinato dall'art. 1022 c.c.
Secondo la dottrina, rappresenta una particolare specie di usufrutto in cui il titolare gode del diritto di abitare una casa limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia.
Pertanto, mentre l'usufruttuario ha il diritto di godere della cosa altrui rispettandone la destinazione economica, l'usuario puo' godere dell'immobile nei limiti di cui all'art. 1022 c.c., ossia per soddisfare le necessita' sue e dei familiari.
Il diritto di abitazione e' strettamente personale, quindi, non puo' essere ceduto a terzi nè concesso in locazione.
Ad esso si applicano, in quanto compatibili, le norme in materia di usufrutto (art. 1026 c.c.).
In particolare, l'art. 1004 c.c. pone in capo all'usufruttuario – e quindi anche al titolare del diritto di abitazione – le spese relative alla custodia, all'amministrazione ed alla manutenzione del bene.
A fronte di tale impostazione normativa, la ricorrente adduce, quale motivo di appello, l'anteriorita' della delibera assembleare statuente i lavori rispetto alla costituzione del suo diritto di abitazione.
Il giudice di secondo grado considera il suddetto motivo come una domanda nuova , non ammessa in appello, e lo rigetta.
Inoltre, sottolinea come la donna si sia giovata dei lavori, a poco rilevando che la loro deliberazione sia intervenuta in epoca precedente al sorgere del suo diritto.
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Obbligo di pagamento delle spese e delibera assembleare. Con la pronuncia in commento (Cass. 9998/2017) gli ermellini confutano la ricostruzione dei giudici di merito e ricordano che l'obbligo di pagare i contributi per le spese riguardanti i lavori di ristrutturazione delle parti comuni dell'edificio grava su colui che era proprietario al momento in cui e' necessario eseguire le relative opere(Cass. 6323/2003).
Al lume di cio', emerge come la pretesa di rimborso azionata dal marito risulti infondata.
Spese per parti comuni: obbligazione propter rem. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, le spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni rappresentano un'obligatiopropter rem .
Con tale espressione latina, ci si riferisce ad obbligazioni che “seguono” il bene; infatti, si parla anche di obbligazioni ambulatorie.
Nelle predette obbligazioni il debitore e' individuato in base alla titolarita' di un diritto reale su di un determinato bene.
Pertanto,egli puo' liberarsene solo abbandonando la res. Un esempio scolastico di obbligazione reale e' proprio quello relativo al sostenimento delle spese necessarie alla conservazione della cosa comune (Cass. 19893/2011); oppure l'obbligo di occuparsi delle riparazioni del muro da parte dei comproprietari (art. 882 c.c.); o, ancora, l'obbligo di consentire al vicino l'accesso al fondo (art. 843 c.c.) per permettergli di riparare il muro di sua proprieta' (Cass. 1908/2009).
La qualita' di debitore dipende dalla titolarita' del diritto di proprieta' o di altro diritto reale sulla cosa (Cass. 23291/2006).
Nel caso di specie, quindi, fa fede la data di costituzione del diritto di abitazione in capo alla moglie, posteriore rispetto alla delibera approvativa dei lavori.
Inoltre, l'obbligazione di ciascun condomino a contribuire alle spese di conservazione dei beni comuni nasce nel momento in cui occorra eseguire le opere (Cass. 6323/2003), mentre la delibera di approvazione rende unicamente liquido il debito.
In buona sostanza, rileva il momento esecutivo dei lavori e non quello afferente alla decisione di effettuarli.
Pertanto, le spese gravano su chi e' condomino al tempo in cui e' nata la necessita' di eseguire le opere, e non nel momento in cui vi sia una deliberazione di approvazione da parte dell'assemblea condominiale.
Invero, la questione non e' cosa'¬ pacifica, infatti, il criterio discretivo tra data della delibera ed esecuzione dei lavori dipende dalla tipologia delle spese: ordinarie o straordinarie.
Spese ordinarie e straordinarie: tempo della delibera e dell'esecuzione. La distinzione cronologica tra data della delibera e l'effettiva realizzazione delle opere assume particolare rilievo in caso di alienazione dell'immobile sito in condominio.
Infatti, in tali circostanze, sorge il problema di stabilire se le spese debbano essere corrisposte dal vecchio proprietario o dal nuovo.
Poniamo che la delibera approvativa dei lavori sia stata adottata anteriormente alla vendita, mentre le opere siano state compiute posteriormente ad essa: a chi spetta versare i corrispondenti oneri condominiali? La questione e' controversa, in termini semplicistici e senza pretesa di completezza, si puo' rispondere nel seguente modo.
In caso di spese ordinarie, risponde chi era proprietario al tempo dell'esecuzione dei lavori; invece in ipotesi di spese straordinarie l'obbligazione sorge in capo a chi era titolare del diritto dominicale alla data della delibera,che ha valore costitutivo (Cass. 8782/2013).
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Conclusioni. In definitiva, secondo la sentenza oggetto di scrutinio, la moglie non e' tenuta alla corresponsione delle somme versate dal marito a titolo di spese per la conservazione dei beni comuni, giacchè il suo diritto di abitazione e' sorto in epoca posteriore alla nascita dell'obbligazione(Cass. 9998/2017).
Inoltre, per giurisprudenza consolidata, l'obbligo di corrispondere gli oneri afferenti ad opere sulle parti comuni del condominio incombe sul soggetto cheera proprietario al momento in cui sorge la necessita' di compiere le opere stesse, giacchè si tratta di un'obligatiopropter rem, ossia di un'obbligazione che segue l'immobile e non la persona.
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Avv. Marcella Ferrari
Avvocato del Foro di Savona
La Corte di Cassazione non considera la domanda proposta dalla donna come “nuova”, al contrario, la qualifica come una mera difesa (e non come eccezione in senso stretto), pertanto la parte non e' incorsa in alcuna decadenza.
L'obbligazione propter rem non va confusa con l'onere reale, che rappresenta un vincolo inerente ad un immobile, il quale obbliga tutti i successivi proprietari al pagamento di prestazioni periodiche. L'onere reale ha ad oggetto somme di denaro o di cose generiche da prestarsi periodicamente. Definizione tratta da C. M. BIANCA, Diritto civile. La proprieta' , 6, Milano, Giuffre', 1999, 142 ss.
In tal senso vedasi C. M. BIANCA, Diritto civile. La proprieta' , cit., 136 ss.