Avete mai avuto l'impressione che ‘'qualcosa non torni '' sentendo una persona parlare? E' un po come se il condomino dicesse a parole: ‘' Si, amministratore, ci piace molto questa idea di rifare le fioriere!'' e la sua espressione facciale comunicasse invece : ‘'Altri soldi….sempre soldi. Altri lavori, altro casino e nessuno guarda i problemi veri!''. E' capitato, no?
Ripetiamo lo scenario. Assemblea di condominio. L'amministratore entra nella stanza, pronto a discutere l'ennesimo ordine del giorno.
Si avvicina alla scrivania col suo fascicolo ‘'Condominio Parco dei Fiori''tra i saluti degli astanti.
Si siede, alza lo sguardo verso i condomini e trova di fronte a sè varie persone, ciascuna con un viso che si discosta molto dal concetto di ‘'Buongiorno amministratore'' espresso dagli stessi nel saluto iniziale.
Perchè abbiamo l'impressione che le persone che ci sono di fronte e che ci parlano in realta' vogliano dire tutt'altro?
Avete mai avuto l'impressione che ‘'qualcosa non torni '' sentendo una persona parlare? E' un po come se il condomino dicesse a parole: ‘' Si, amministratore, ci piace molto questa idea di rifare le fioriere!'' e la sua espressione facciale comunicasse invece : ‘'Altri soldi….sempre soldi. Altri lavori, altro casino e nessuno guarda i problemi veri!''. E' capitato, no?
Ognuno di noi, nel nostro vissuto quotidiano, e' sempre in relazione con altre persone, si trova spesso di fronte alle emozioni.Comprendere le emozioni dell'altro e' di per sè cio' che guida le nostre azioni e soprattutto reazioni.
“Non si puo' non comunicare” questo il primo assioma della comunicazione.
Si puo' non parlare, ma non comunicare e' impossibile. Questo perchè esistono vari tipi di comunicazione e di linguaggi, ed in particolare due grandi gruppi: linguaggio verbale e linguaggio non verbale.
Per quanto il primo si possa inibire, il secondo invece entra sempre prepotentemente in qualunque tipo di interazione.
Del linguaggio non verbale fanno parte, ad esempio, le espressioni facciali, le posizioni di parti del corpo o del corpo nella sua interezza, la flessione e il tono della voce. In particolare, tutte queste linee comunicative tendono a parlare un unico linguaggio: quello delle emozioni.
E non e' un caso se proprio le emozioni siano cio' che guida il comportamento umano.
Lo psicologo statunitense Paul Ekman e' stato uno dei primi a studiare le espressioni facciali, soprattutto tramite studi in Papua Nuova Guinea, scoprendo presto che queste sono universali, quindi condivise da tutti gli esseri umani a prescindere dalla cultura di appartenenza.
Ha cosa'¬ categorizzato le emozioni delineando le cosiddette emozioni primarie: Sorpresa, Rabbia, Disgusto, Disprezzo, Tristezza, Paura e Gioia. Ha condotto inoltre numerosi studi circa i muscoli facciali deputati per ciascuna emozione. Ogni emozione primaria, dunque, ha un proprio set di muscoli deputati alla produzione della corrispondente espressione facciale, che Ekman chiama “macroespressioni”.
Le macroespressioni sono espressioni complete di una determinata emozione e perdurano sul viso per un certo periodo di tempo. Sono facilmente visibili durante un'interazione face-to-face e supportano spesso le parole che l'altra persona pronuncia.
Ma cosa succede se la persona con cui si comunica vuole celare la propria emozione, magari mascherandola con una differente? Queste microespressioni compaiono sul volto di una persona per un venticinquesimo di secondo.
Questo accade perchè le microespressioni sono involontarie e la loro comparsa implica una “fuga di notizie”.
La persona che le attua lo fa in modo totalmente inconsapevole a causa di un'emozione molto forte che sta provando.
Non appena si manifestano tali microespressioni la persona tendera' a nasconderle tramite le macroespressioni.
Grazie ad un adeguato training si puo' imparare a individuare e decodificare le microespressioni facciali, e tramite lo studio di tutti gli altri canali di comunicazione non verbale, oltre che quella verbale, si puo' giungere a valutare la credibilita' di una persona in un determinato momento.
Perchè e' importantissimo capire e carpire le emozioni del prossimo?
Semplice, perchè senza accorgercene reagiamo a cio' che il nostro cervello percepisce.
Se percepiamo nell'altra persona ostilita' reagiremo con l'attacco, se percepiamo affinita' e giovialita' reagiremo con calma e apertura.
Di base percepiamo le emozioni dell'altro, che esprime tramite il linguaggio non verbale del viso, per cosa'¬ dire, di pancia. Non sappiamo analizzarle ma sappiamo che l'altra persona ci da una determinata impressione.
In realta' la modifica anche di parti separate del viso puo' dare un'indicazione di cio' che una persona sta provando o di cosa sta cercando di dirci.Inoltre spesso, soprattutto in situazioni di tensione sociale, le emozioni risultano mascherate da altre considerate “socialmente accettabili” quali il sorriso.
Esempio: ci troviamo nella solita assemblea di condominio. Il nostro amministratore sta dicendo qualcosa che proprio non condividiamo, che non ci piace.
Di impatto saremmo portati ad arrabbiarci e ad esprimere il dissenso nei confronti di cio' che sta dicendo.
Dato che pero' siamo in un contesto di gruppo e la nostra societa' ci ha insegnato che e' importante uniformarsi al gruppo, tenderemo a non esprimere il nostro dissenso proprio come vorremmo!
Le emozioni sono importanti e guidano il nostro comportamento.
Cio' e' vero tanto pia'¹ in un condominio. Si sa, le riunioni di condominio sono un crogiolo di emozioni, spesso forti e spesso negative, che pero' non sempre possono essere espresse liberamente nè tantomeno si trova il tempo per poter far si che tutti le esprimano tramite parole.
Inoltre l'influenza del gruppo sul singolo individuo fa si che quest'ultimo tenda ad uniformarsi al pensiero e allo stato emotivo della massa.
Eppure, cosa succederebbe se un amministratore di condominio fosse in grado di scoprire, solo guardando in viso i propri interlocutori, quali siano le emozioni che essi nascondono?
Se mentre parlasse con una persona che gli sorride, quest'ultima mostrasseimprovvisamente una microespressione di rabbia, disgusto o disprezzo, magari dopo aver sentito parlare di una qualche nuova proposta?
L'amministratore, cogliendo la presenza di quella determinata microespressione, potrebbe indagare quali siano le ragioni di tali emozioni e in questo modo non lasciare che crescano e si intensifichino emozioni negativema, magari,modificando leproprie parole ed il proprio comportamento,potrebbe infine ottenere un dialogo produttivo. Per quanto riguarda invece le emozioni positive, queste si potrebbero trovare sul viso di qualcuno che si ostina a fingersi contrario alle parole dell'amministratore e in quel caso si potrebbe scoprire una breccia tramite la quale poter entrare in contatto con qualcuno con cui si credeva impossibile poter dialogare.
Ancora, tramite il riconoscimento delle emozioni nascoste sarebbe pia'¹ facile capire il momento migliore per esporsi e quello per ritirarsi, il momento per calmare le acque e quello che potersi permettere qualche liberta' .
Molti di voi staranno pensando: adesso anche psicologi dobbiamo essere?
Rispondo: assolutamente no. Anche perche' ci vorrebbero 3 anni di laurea breve, 2 di specialistica e 4 di scuola di specializzazione oltre tirocini vari ed esperienze sul campo. E credo proprio che la situazione attuale in condominio non consenta queste tempistiche per essere migliorata.
Piuttosto domandiamoci: quante liti avrei evitato se avessi capito chi mi stava di fronte? Quante ore di assemblea mi sarei risparmiato se avessi avuto modo di vedere l'insoddisfazione oltre le parole?
Come avrei utilizzato quel mio tempo risparmiato?
Quanto bene posso fare se riesco ad entrare in contatto con la parte emotiva del mio cliente?
Beh, a voi la risposta nei commenti.
Inoltre, come gia' detto, spesso c'e' confusione anche nelle macroespressioni. Per esempio spesso si confondono rabbia, disprezzo e disgusto. Per ogni emozione c'e' un modo pia'¹ efficace e meno efficace di reagire.
Queste tre emozioni hanno movimenti facciali diversi e indicano cose diverse quindi imparare a riconoscerle e a distinguerle potrebbe modificare enormemente la capacita' di reagire ad esse e potrebbe aiutare ad ottenere una comunicazione efficace e costruttiva.
Per concludere una nota importante.
Gli amministratori non devono essere chiamati a fare anche gli ‘'psicologi'' per quanto questo mestiere sia frainteso, ogni tanto.
Lo scenario che si propone in questo articolo e' quello in cui all'amministratore si dia uno strumento in pia'¹, che servirebbe ad ampliare le sue competenze in un ambito in cui ad oggi non e' tenuto ad essere formato: quello della relazione.
Stiamo tentando, con questi articoli e gli studi sottostanti, di operare un cambiamento nella situazione attuale, gia' abbastanza stressata.
Come tutti i cambiamenti non sara' ne semplice ne veloce, trovera' opposizioni e critiche ma siamo certi che quelle stesse critiche potreranno alla costruzione di una realta' molto migliore di quella di oggi, per tutti.