Non può considerarsi vessatoria la clausola che prevede la sospensione del servizio idrico a fronte del mancato pagamento di due fatture da parte dell'utente.
Il fatto. Una associazione per la tutela dei consumatori cita in giudizio l'Acquedotto Pugliese spa, rilevando che per un lungo periodo l'Aqp aveva sospeso la somministrazione di acqua in parecchi quartieri del comune di Bari a fronte della morosità di moltissimi utenti. A fondamento della propria domanda si è rilevato la vessatorietà della norme pattizie in tema di sospensione del servizio, e la mancanza di buona fede nell'inadempimento fatto valere dalla società convenuta.
Pertanto, si è chiesto che l'autorità giudiziaria dichiarasse la vessatorietà delle clausole contrattuali che prevedono la facoltà dell'Aqp di risolvere il contratto senza ricorso all'autorità giudiziaria in caso di previa sospensione dell'erogazione idrica.
L'Acquedotto pugliese, ha evidenziato la natura sinallagmatica dei contratti di somministrazione idrica tra la società convenuta e gli utenti, escludendo la vessatorietà delle clausole impugnate da parte attrice evidenziando che tali clausole sono state approvate per iscritto con sottoscrizione separata ed autonoma rispetto a quella degli altri patti contrattuali.
La sentenza del Tribunale di Bari. Il Tribunale di Bari ha constatato che le domande di parte attrice non possono essere accolte, perché le clausole in questione stabiliscono che in caso di mancato pagamento di due fatture da parte dell'utente l'Acquedotto pugliese spa provvede alla sospensione dell'erogazione dell'acqua agli utenti morosi previo invio di un preavviso con il quale si intima il pagamento entro 15 giorni dal ricevimento del preavviso stesso: con l'intimazione che, in caso di mancato pagamento, l'ente provvederà alla sospensione dell'erogazione dell'acqua. Successivamente, decorsi trenta giorni dalla sospensione dell'erogazione, opera la risoluzione di diritto del contratto nel momento in cui la morosità dell'utente persista anche dopo il secondo invito.
Quindi i Giudici hanno rilevato che il rifiuto di eseguire la prestazione contrattuale è una forma di autotutela prevista dall'articolo 1460 del codice civile per ogni contratto a prestazioni corrispettive; pertanto il contraente può rifiutarsi di eseguire la prestazione se l'altro non adempie a condizione che vi sia proporzione fra le due prestazioni inadempiute, peraltro il rifiuto della prestazione può avvenire anche nel caso di inadempimento di lieve entità, purchè vi sia preavviso.
Nel caso di specie la sospensione dell'erogazione dell'acqua non avviene né al primo, né al secondo inadempimento dell'avviso di pagamento,bensì allo scadere del termine di quindi giorni dall'ultimo preavviso. Praticamente tra la scadenza della seconda fattura ed il ricevimento dell'avviso da parte dell'utente intercorre un adeguato lasso temporale che consente l'accertamento della morosità, la predisposizione e l'invio del preavviso.
Pertanto, nel caso in esame, l'oggetto della prestazione coincide con l'erogazione di un bene primario il contratto in questione prevede che la sospensione dell'erogazione intervenga solo quando l'inadempimento da parte dell'utente diventa significativo.
Conclusione. I Giudici hanno constatato che non possono essere considerate vessatorie le clausole contrattuali impugnate da parte attrice che prevedono la sospensione del servizio idrico solo:
- a fronte di un significativo inadempimento da parte dell'utente;
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- ed in seguito al decorso di un adeguato lasso temporale che permetta all'utente di scegliere se contestare l'importo fatturato, o la mancata effettiva erogazione del servizio.