Nel caso di installazione di ascensore ad opera di un condo'mino disabile ed al fine di eliminare le barriere architettoniche come bisogna valutare questa installazione in relazione all'uso delle parti comuni?
La residenza nell'unita' immobiliare avvantaggiata dall'installazione e' requisito necessario per la sua esecuzione?
A queste domande ha dato risposta la Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 6129, relatore il Consigliere A. Scarpa, resa mediante deposito in cancelleria in data 9 marzo 2017.
Una pronuncia interessante perchè da una lettura dell'art. 1102 c.c. – quello dedicato all'uso individuale delle parti comuni – alla luce delle norme dettate in materia di superamento delle barriere architettoniche negli edifici condominiali, ossia dell'art. 2 della legge n. 13 del 1989.
=> Titolo abilitativo ed eliminazione delle barriere architettoniche.
I fatti: alcuni condo'mini, dopo avere invano chiesto all'assemblea condominiale l'adozione dei provvedimenti volti al superamento delle barriere architettoniche, chiedevano ed ottenevano dal Tribunale l'autorizzazione ad installare un ascensore nel giardino comune, al fine di raggiungere pia'¹ agevolmente le loro proprieta' .
La Corte d'appello, invocata dai convenuti, riformava la sentenza: un ascensore non e' un servo scala o una struttura facilmente amovibile, ossia una delle apparecchiature cui fa riferimento la legge n. 13/1989 per le ipotesi di stasi decisionale da parte dell'assemblea e comunque l'ascensore non consentiva un immediato accesso alle unita' immobiliari degli originari attori, posto che tra esso e la predetta proprieta' si frapponevano alcuni scalini.
Da qui il ricorso in Cassazione dei condo'mini che chiedevano l'autorizzazione giudiziale alla installazione del suddetto ascensore. Ricorso accolto.
Secondo gli ermellini – questo si desume leggendo l'ordinanza in commento – il riferimento ai servoscale e ad altre strutture mobili e facilmente rimovibili contenuto nell'art. 2 della legge n. 13 del 1989 non e' rilevante, ossia e' superabile atteso il preminente interesse tutelato dalla legge, ossia quello di eliminare gli ostacoli fisici alla pia'¹ comoda fruizione degli edifici da parte di soggetti portatori d'handicap.
In tal senso, si legge nel provvedimento di legittimita' , “l'installazione di un ascensore, allo scopo dell'eliminazione delle barriere architettoniche, realizzata su parte di aree comuni (nella specie, un'area destinata a giardino), deve considerarsi indispensabile ai fini dell'accessibilita' dell'edificio e della reale abitabilita' dell'appartamento, e rientra, pertanto, nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell'art. 1102 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14096 del 03/08/2012)” (Cass. ord. 9 marzo 2017 n. 6129).
La valutazione del diritto d'uso delle cose comuni da parte del singolo, ai sensi dell'art. 1102 c.c. prosegue la Corte di Cassazione, nel caso di installazioni volte al superamento delle barriere architettoniche, quindi, deve tenere sempre in considerazione il principio di solidarieta' condominiale a mente del quale il diritto dei portatori di handicap ad accedere alle proprie unita' immobiliari assume preminente rilevanza.
Da quel che e' dato leggere nell'ordinanza, nel caso di specie non si contestavano limitazione del godimento delle parti comuni in danno di altri condo'mini, ma e' evidente che la valutazione appena indicata dalla Corte debba trovare applicazione anche in queste circostanze.
Non solo: per gli ermellini il diritto alla fruizione delle unita' immobiliari attraverso eliminazione delle barriere architettoniche non necessita' della residenza del condomino portatore d'handicap nell'edificio.
Nè, chiosano i giudici cosa'¬ cassando la sentenza d'appello impugnata, la mancanza di accesso immediato e diretto dall'ascensore all'appartamento e' ostativo alla legittimita' dell'installazione, posto che il suddetto ascensore e' comunque utile ad agevolare, apprezzabilmente, l'accesso alle proprieta' dei ricorrenti.
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