La nomina dell'amministratore di condominio rappresenta una delle decisioni piu' importanti che e' chiamata ad assumere l'assemblea dei condo'mini, con un ampio consenso e previo esame delle offerte presentate dai candidati ad amministrare.
La delibera di nomina, infatti, e' subordinata, quasi sempre, al consueto riscontro del possesso dei requisiti 'necessari' per amministrare il fabbricato condominiale, da parte dell'aspirante amministratore.
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Tali requisiti, che sono elencati nell'art. 71bis disp. att. c.c., sostanzialmente attengono alla reputazione ed alla competenza dell'amministratore, essendo riferiti sia a qualita' di ordine morale che a capacita' di tipo professionale.
In particolare, dal punto di vista morale, l'amministratore di condominio deve essere maggiorenne, non deve essere fallito, non deve aver subito condanna di interdizione dai pubblici uffici, non deve essere sottoposto a misure di sicurezza o ad altre limitazioni alla liberta' privata, che derivano da provvedimenti giudiziari.
E ancora non deve aver subito condanne per delitti non colposi, con previsione della reclusione tra due e cinque anni, nè deve essere stato condannato per reati contro il patrimonio o contro la pubblica amministrazione.
Poi non deve essere destinatario di alcuna misura di prevenzione divenuta definitiva, salvo che non sia stato riabilitato dopo aver scontato la pena, in piu' non deve essere interdetto, inabilitato o protestato.
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Mentre, per quanto riguarda i requisiti 'minimi' professionali e' sufficiente che l'amministratore sia diplomato presso una qualsiasi scuola media superiore ed abbia frequentato un corso di formazione iniziale, nonchè segua un corso di aggiornamento annuale.
Il requisito del corso iniziale e del diploma di scuola media superiore sono abbuonati per chi abbia amministrato almeno in uno dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della legge di riforma del condominio, salvo l'obbligo di formazione periodica.
Tale 'sconto professionale' sembra rispondere all'attuazione del c.d. principio d'irretroattivita' della legge, che esclude l'applicazione di una norma giuridica a situazioni verificatesi prima della sua entrata in vigore.
Benchè l'irretroattivita' dell'art. 71bis disp. att. c.c. sia soltanto 'parziale', essendo riferita ai tre anni antecedenti la data di marteda'¬ 18 giugno 2013, giorno di entrata in vigore della legge 220/12, con conseguente obbligo di frequentare il corso di formazione iniziale anche per coloro che hanno amministrato prima del 18 giugno 2010.
In termini di sconti professionali l'abbuono dei requisiti diventa addirittura totale per chi volesse amministrare lo stabile in cui e' condomino, vale a dire che l'amministratore 'interno', oltre a non doversi preoccupare di aver frequentato il corso di formazione iniziale o di aver conseguito un diploma di scuola media superiore, non ha neanche l'obbligo di aggiornarsi, risultando, di fatto, un privilegiato rispetto al c.d. amministratore 'esterno'.
Nessuno sconto, invece, e' stato previsto dal legislatore per quanto attiene ai requisiti di onorabilita' , che devono sempre essere in possesso di qualsiasi amministratore di condominio.
E' noto che la perdita o la mancanza dei requisiti di onorabilita' determina la cessazione 'automatica' dall'incarico ad amministrare, cioe' una sorta di decadenza immediata, con possibilita' per ciascun condomino di autoconvocare l'assemblea ex art. 66 disp. att. c.c., dal momento in cui viene meno il requisito, ma senza l'obbligo di dover inviare la classica richiesta preliminare all'amministratore, per restare in attesa che decorra il termine di dieci giorni prima di poter convocare.
Invece, per quanto riguarda la perdita o la mancanza dei requisiti professionali dell'amministratore, l'art. 71 bis disp att c.c. non dispone alcunchè, pertanto tale assenza o perdita di competenze deve essere fatta valere da almeno un condomino, che si rivolga all'Autorita' giudiziaria, per chiedere la revoca giudiziale di cui all'art 64 disp att c.c., essendo inapplicabile la cessazione automatica.
In tal senso sarebbe annullabile la delibera dell'assemblea condominiale che dovesse nominare/confermare l'amministratore privo dei requisiti professionali 'necessari' per legge, in quanto il comportamento dell'amministratore che non ha conseguito l'attestato, con profitto, per la frequentazione del corso iniziale di formazione o di aggiornamento costituisce 'grave irregolarita' ' ai sensi dell'art. 1129 c.c. e puo' essere contestata anche su richiesta di un solo condomino.
Ma nel caso in cui un amministratore, privo dei requisiti legali necessari per la nomina, dovesse stipulare un contratto, con un terzo fornitore del codominio, quali sarebbero le conseguenze di tale negoziazione?
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Innanzitutto occorre precisare che l'amministratore di condominio, a pena di cessazione del mandato ad amministrare, deve possedere i requisiti previsti dalla legge, non soltanto all'atto della nomina ma anche durante lo svolgimento dell'incarico.
In tale prospettiva, infatti, e' corretto asserire che l'aspirante amministratore di condominio, nell'ambito del preventivo di gestione, che sottopone all'attenzione dell'assemblea, deve dichiarare di possedere i requisiti 'necessari', ex art. 71 bis disp. att. c.c., per poter ricoprire il mandato ad amministrare.
Fermo restando che si registrano molti casi in cui i requisiti professionali degli amministratori di condominio vengono puntualmente ignorati dai condo'mini.
In ogni caso l'amministratore e' un semplice mandatario dei condo'mini tenuto ad espletare il proprio incarico, con la diligenza del buon padre di famiglia, cosi come previsto dall'art. 1710 c.c., ovvero con quella diligenza tipica dell'uomo medio, che e' lecito attendersi da qualunque soggetto di media avvedutezza e accortezza, memore dei propri impegni cosciente delle relative responsabilita' (Cass. n. 19778/2003).
In proposito si osserva che l'intensita' della diligenza deve essere rapportata alla figura del moderno amministratore di condominio, che e' chiamato a gestire con competenza, onesta' e buona fede, ma anche e soprattutto secondo gli specifici dettami dei codici deontologici adottati dalle diverse associazioni di categoria.
Ebbene, con riferimento alla stipula dei contratti condominiali, occorre evidenziare che 'l'amministratore di condominio non ha, salvo quanto previsto in tema di lavori urgenti, un generale potere di spesa in quanto spetta all'assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'opportunita' delle spese sostenute dall'amministratore' (Cass. n. 5984/2012).
Ragion per cui la stipula di un contratto, in generale, non rientra tra le competenze attribuite all'amministratore di condominio e pertanto necessita di una preventiva approvazione assembleare o quanto meno di una successiva ratifica.
Sotto tale profilo e' pacifico che l'amministratore debba eseguire le delibere condominiali.
Difatti l'amministratore di condominio non ha una rappresentanza di tipo organico, ma raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza (Cass. SS.UU. n. 9148/08).
Pertanto, il negozio 'gestorio' compiuto dall'amministratore in esecuzione dell'incarico, e quindi in qualita' di mandatario dei condo'mini, comporta l'imputabilita' degli effetti dell'attivita' giuridica direttamente in capo agli stessi condo'mini.
Di conseguenza, nel caso in cui un amministratore privo dei requisiti necessari ad amministrare, che sia stato nominato, con una delibera illegittima, successivamente impugnata e dichiarata nulla, abbia stipulato un contratto condominiale con un terzo fornitore, non e' detto che lo stesso contratto venga annullato come la delibera.
In pratica, per stabilire se il contratto resista o meno all'annullamento della delibera, bisogna guardare allo stato di buona o cattiva fede del terzo, prima della stipula negoziale.
In tale prospettiva, il terzo creditore del condominio non puo' pretendere il rispetto del contratto se era consapevole dell'illegittima della delibera, mentre nel caso in cui non poteva conoscere le cause di invalidita' della stessa delibera va considerato 'in buona fede', e pertanto il suo contratto resiste ad eventuali sentenze di annullamento.
D'effetto i terzi in buona fede, che hanno acquisito diritti in seguito ad una deliberazione assembleare, non vedono intaccata la situazione giuridica derivante da quel rapporto se, successivamente, la deliberazione e' stata invalidata dall'Autorita' Giudiziaria (Cass. sent. n. 16695/14 del 24.07.2014).
Avv. Michele Orefice
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