Il regolamento condominiale contrattuale, che proibisce di dare agli immobili destinazioni d'uso diverse da quella abitativa, deve essere interpretato nel senso di consentire l'attività di B&B, la quale implica una fruizione comunque “para-familiare” dei locali, anche se gestiti da un'impresa commerciale.
Così ha stabilito il Tribunale di Verona con la sentenza del 22 aprile 2015, annullando la delibera che vietava, alla ricorrente, di adibire le due unità immobiliari di cui è proprietaria ad attività di “bed & breakfast” e, agli ospiti del B&B, di accedere alle parti comuni del condominio (piscina, parco, campo da tennis, etc.).
Il giudice ha censurato l'interpretazione data dall'assemblea all'art. 29 del regolamento condominiale, che proibiva di dare agli immobili destinazioni d'uso diverse da quella abitativa, ritenendo al contrario compatibile l'attività di B&B con la destinazione abitativa dei locali.
Nello specifico, la norma regolamentare richiamata recita testualmente: “è vietato destinare gli alloggi ad uso laboratorio, scuole, depositi merci ed a qualsiasi attività rivolta ad impresa, comunque ad uso diverso dall'abitazione e/o diverso da quello previsto nel piano regolatore del Comune di Verona”.
Tale clausola - secondo il giudice - proprio perché di natura contrattuale, va interpretata non solo in senso letterale, ma anche in base all'effettiva volontà delle parti, in base alle regole ermeneutiche di cui agli artt. 1362 e ss. cc. E a ben vedere, tutte le attività vietate dal regolamento sono unificata da un minimo comun denominatore: sono tutte utilizzazioni non abitative dei locali. Da ciò si evince la concreta volontà dei condomini di vietare l'esercizio dell'impresa nelle unità esclusive solo laddove esso confligga con la destinazione abitativa delle unità medesime.
Ora, contrariamente a quanto ritenuta dall'assemblea, l'attività di bed & breakfast – sia essa o meno impresa commerciale – non altera la destinazione d'uso dell'immobile, anzi si rileva pienamente compatibile con la destinazione abitativa dell'unità immobiliare in cui essa si svolge.
Tanto si evince anche alla luce della legge 29.3.2001, n. 135, e delle varie leggi regionali applicative, da cui risulta che l'attività di B&B va necessariamente esercitata, dal punto di vista amministrativo, in immobili in regola con gli stessi requisiti urbanistico-edilizi, igienico-sanitari e di sicurezza prescritti, per l'appunto, per le abitazioni.
Inoltre – prosegue il tribunale – l'attività in questione si caratterizza anche per la potenziale assenza di professionalità (in senso stretto) dei soggetti che la esercitano e per la libera facoltà di far cessare l'attività in ogni momento, senza che a ciò consegua, di regola, la necessità di ristrutturare l‘unità immobiliare onde recuperare la destinazione abitativa.
Insomma, è vero che il B&B può essere assimilato a un albergo, ma l'attività svolta, per le caratteristiche sopra descritte, ha un carattere “sobrio e inderogabilmente breve”, senza dimenticare poi che la gestione degli ospiti è svolta nella maggioranza dei casi alla presenza del proprietario all'interno dell'immobile. Ecco perché, secondo il giudice, si è in presenza di attività “para-familiare” compatibile con la destinazione abitativa prescritta dal regolamento, a prescindere dal fatto che la gestione sia condotta o meno da un'azienda vera e propria. Ne consegue che ciascun proprietario esclusivo, così come può affittare casa, ben può aprirvi un B&B anche a fronte delle restrizioni previste dal regolamento contrattuale.
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