Appropriarsi significa fare propria una cosa altrui,che si detiene in forza di titolo autorizzativo; l'appropriazione esige, quindi, sempre una connotazione di intenzionalità e prescinde dal valore delle somme sottratte
La fattispecie di reato è disciplinata dall'articolo 646 codice penale, a mente del quale. “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032 ” (cfr, articolo 646 c.p).
Possono aggravare la fattispecie di reato diverse circostanze, tra le quali va annoverata quella del danno patrimoniale di rilevante gravità (cfr, articolo 61, nr 7 c.p.) e quella concernente l'abuso di posizione– vale a dire: “ l'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità” (cfr, art. 61 n 11 cp).
Il rapporto che si instaura tra amministratore – cessato dalla carica – e il condominio o meglio i condomini) è, infatti, riferibile al contratto di mandato, quindi ad un ufficio di diritto privato; ne discende che, l'appropriazione indebita effettuata dall'ex amministratore risulta sempre facilitata dal tipo di rapporto che si instaurato, in quanto fiduciario e qualificato (si dal conferimento della nomina), e per tali motivi appare configurare la predetta ipotesi aggravata (cfr, sul merito, Cassazione civile 3462/2005).
Ciò premesso, passiamo all'esame di un caso specifico, appena definito dalla Corte di Cassazione con la Sentenza nr 37666/2015.
Il fa
Il fatto storico concerne il caso di un professionista che è ricorso in Cassazione per chiedere la riforma di una Sentenza emessa dalla Corte di Appello di Bologna che, a fronte di quanto sopra riportato, lo condannava ad un anno e quattro mesi di reclusione ed 800 euro di multa, con sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento della provvisionale a favore delle parti civili.
=> Quando l'amministratore utilizza i soldi dei condomini per scopi personali
Il ricorso è stato affidato a due motivi di gravame.
Quanto al primo capo, l'amministratore “condannato” ha affermato che sebbene il danaro di spettanza condominiale fosse stato trasferito sui propri conti correnti e su quelli della moglie, alcuni debiti condominiali erano stati pagati attingendo i danari dai rispettivi “averi”, sì da chiedere la derubricazione del “fatto” come atto di mala gestio.
Quanto al secondo motivo di gravame, questi ha contestato l'applicazione della circostanza aggravante in disamina, siccome l'entità del danno riferita dal Giudice di merito andrebbe commisurata, di volta in volta, alla posizione di ciascuno dei condomini (asseritamente danneggiati) e non al condominio tout court.
Il Giudice di legittimità ha respinto entrambe le contestazioni, spiegando le seguenti motivazioni.
Rispetto al primo punto, ha rilevato che la condotta posta in essere dall'amministratore è univocamente inquadrabile nella fattispecie delittuosa in commento poiché l'elemento oggettivo è connotato da una tale evidenzia (interversione nel possesso) che risulta in sé incompatibile con ogni riconduzione a condotte alternative lecite.
Rispetto al secondo punto, ha argomentato che il danno, nella fattispecie di reato in disamina, deve essere valutato nella sua interezza e, in quanto tale, non può essere parcellizzato in una ipotetica “quota di danno” incidente in capo a ognuno dei compartecipi.Ed invero, la definizione di condominio come ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini – sancita dalle SS.UU. con la pronuncia 9148/08 – “ non comporta la parcellizzazione invocata dalla difesa, essendo, di contro, rilevante il danno complessivo che il rappresentante degli interessi dei condomini ha causato svolgendo la sua funzione di amministratore'.
Sotto altro e diverso aspetto - e al di là di quanto statuito dalla Sentenza in commento - giova precisare che i l reato di appropriazione indebita, da parte dell'amministratore nella gestione contabile di un condominio, si configura anche in relazione ad un esiguo ammanco dalla cassa condominiale, qualora l'amministratore non sia in grado di provare che tale minima differenza di cassa sia riconducibile a cause diverse dalla finalità di indebita appropriazione e non da lui volute consapevolmente. (Cassazione penale sez. VI 12 luglio 2011 n. 36022).