La clausola inserita nel contratto di mediazione “ad affare fatto” non comporta il venir meno della provvigione da corrispondere all'agente anche se poi la vendita non si perfeziona.
Ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione e' sufficiente anche la sottoscrizione del preliminare tra le parti, indipendentemente dalla mancata conclusione del contratto definitivo. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 21575 del 18 settembre 2017.
Accolto il ricorso del mediatore: il diritto alla provvigione sorge per aver messo in relazione le parti.
=> Mediatore immobiliare, breve focus sul diritto alla provvigione
=> Provvigione all'agente immobiliare solo quando si conclude l'affare
Il caso – Il titolare di un'agenzia immobiliare ricorreva contro la sentenza con la quale la Corte d'Appello di Venezia gli aveva negato il pagamento di 3.000,00 euro a titolo di provvigione dovuta per l'attivita' di mediazione svolta.
Secondo i giudici territoriali, la clausola inserita nel contratto di mediazione, secondo cui “resta inteso che il compenso sopra indicato non sara' dovuto in caso di mancata vendita” configurerebbe una condizione sospensiva, che subordinava il compenso del mediatore al positivo esito della compravendita.
E poichè, nel caso di specie, le parti, dopo il preliminare, non avevano stipulato il rogito definitivo, tale condizione non si sarebbe verificata.
La Corte ricorda anzitutto che, ai sensi dell'art. 1754 c.c.,si qualifica mediatore colui che mette in relazione due o pia'¹ parti per la conclusione dell'affare, risultando idonea, al fine del riconoscimento del diritto alla provvigione, anche l'esplicazione della semplice attivita' consistente nella ricerca ed indicazione dell'altro contraente o nellasegnalazione dell'affare.
=> Ecco perche' spetta al mediatore la provvigione anche in questo caso.
Cio' vuol dire che, perchè sorga il diritto del mediatore al compenso, e' sufficiente che la conclusione dell'affare possa ricollegarsi all'opera dallo stesso svolta per l'avvicinamento dei contraenti, purchè, pero', tale attivita' costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e, poi, valorizzata dalle parti. Il fondamento del diritto al compenso e' dunque da ricercarsi nell'attivita' di mediazione, che si concreta nella messa in relazione delle parti, costituisca l'antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell'affare.
Nel caso di specie, dunque, la conclusione dell'affare e' senz'altro integrata dalla conclusione del contrattopreliminare di vendita intervenuto tra le parti, mentre, ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione, sono indifferenti le vicende successive che hanno condotto le parti a non concludere il contratto definitivo.
=> La semplice proposta di acquisto fa sorgere il diritto del mediatore alla provvigione
Alla conclusione del preliminare va riconosciuto l'effetto dell'insorgere del diritto alla provvigione, indipendentemente dalla scadenza o meno del mandato. Secondo i giudici di Piazza Cavour, inoltre, e' errata l'interpretazione della clausola inserita nel contratto di mediazionefornita dalla corte d'appello, perchè contraria ai principi di correttezza e buona fede e che si presta a “comportamenti elusivi” che “tolgono effetto allo stesso contratto di incarico”.Per la Suprema Corte, invece, “appare ragionevole ritenere che l'espressione “il compenso non sara' dovuto in caso di mancata vendita” debba essere intesa quale vendita non in senso giuridico, ma in senso economico, quale mancata conclusione dell'affare”.
Avv. Giuseppe Nuzzo – giu.nuzzo@alice.it
Cassazione_ordinanza.21575_2017.pdf