Non e' raro, nel nostro forum e pia'¹ in generale nella pratica quotidiana, che sia domandato quando l'amministratore di condominio puo' impugnare una delibera adottata dall'assemblea della compagine che gestisce.
Classico l'esempio del mandatario che si vede revocato l'incarico, a suo dire illegittimamente, e che quindi per porre rimedio a quell'ingiustizia intende porla nel nulla chiedendo l'invalidazione del verbale.
Se cio' e' possibile, quali sono i limiti entro cui l'amministratore puo' impugnare la delibera condominiale?
Al riguardo pare innanzitutto necessario ricordare che i vizi possono comportare la nullita' di una delibera, oppure la sua annullabilita' . Qui di seguito ci soffermeremo su questi ultimi, lasciando alla conclusione alcune riflessioni sulla nullita' .
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Partiamo dal dato certo: l'impugnazione di una delibera dell'assemblea di condominio e' atto proprio dei condo'mini, pur non essendo mancate pronunce giurisprudenziali tese a riconoscere il medesimo diritto anche ai conduttori delle unita' immobiliari (si vedano in tal senso Trib. Modena, 13 luglio 2016, Cass. 23 gennaio 2012 n. 689).
Qual e' la posizione dell'amministratore di condominio rispetto a quest'azione?
Per rispondere non puo' non guardarsi alle norme che regolano il rapporto tra condominio e suo gestore: esse vanno rintracciate nell'art. 1129 c.c. e per quanto ivi non espressamente indicato nelle regole che disciplinano il mandato. L'amministratore e' il mandatario del condominio, ossia il suo legale rappresentante cui l'assemblea e la legge demandano una serie di compiti ed obblighi.
La delibera di nomina, revoca ed in generale le delibere che gli impartiscono ordini, altro non sono che espressione della volonta' assembleare cui l'amministratore e' tenuto ad uniformarsi e dare esecuzione (art. 1130 n. 1 c.c.).
Allorquando l'amministratore ritenga una delibera illegittima, ad esempio perchè gli impartisce un ordine non conforme alla legge o al regolamento, egli ha la possibilita' , nei limiti della sua posizione, di non darle esecuzione, ad esempio convocando nuovamente l'assemblea per consentire una nuova valutazione della situazione.
Ma che cosa puo' fare se la delibera e' invalida in ragione di vizi che riguardano il procedimento di convocazione o di deliberazione in relazione ad aspetti formali (es. errori nella verbalizzazione e simili)? Ad avviso di chi scrive, ma cio' pare da ritenersi unanimemente condiviso, non puo' fare nulla, in quanto il potere d'impugnazione spetta ai condo'mini e quindi solamente se l'amministratore e' anche condomino gli si potra' riconoscere il potere di agire impugnando, ferma restando l'esistenza di un effettivo interesse a farlo.
Stesso discorso per caso di revoca: essa e' sempre deliberabile dall'assemblea (art. 1129, undicesimo comma, c.c.), sicchè all'amministratore non condomino che ritiene quella decisione illegittima non restera' , ove possibile, di agire in via risarcitoria, cioe' chiedendo al giudice di accertare che la revoca dell'incarico non si fondava su giusti motivi e quindi egli ha diritto a vedersi risarcito del mancato guadagno che ne e' conseguito: tale contestazione, e' evidente, non consente di ottenere una condanna nel caso di revoca deliberata in presenza di vizi nel procedimento di convocazione della delibera, posto che questi non attengono alla giustezza dei motivi dell'atto revocativo del contratto di mandato.
Una valutazione a parte meritano, ad avviso di chi scrive, le deliberazioni nulle. Queste, ai sensi dell'art. 1421 c.c. (considerato norma generale in relazione alla nullita' degli atti anche se dettata con riferimento ai contratti), possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse.
In giurisprudenza non sono mancate decisioni tese a riconoscere ai terzi rispetto al contratto interesse ad ottenerne l'accertamento della sua nullita' : tale conclusione potrebbe essere fatta valere anche in relazione all'amministratore di condominio rispetto alle delibere assembleari nulle, specie ove il richiamo all'assemblea di rivedere le proprie decisioni non abbia sortito effetti.