Il Tribunale di Roma emette una sentenza che costituira' un precedente inedito. Da essa siamo in grado di trarre primi insegnamenti sulla vita associativa e sugli effetti che questa comporta anche dopo la chiusura dell'attivita' professionale, ovvero a seguito della richiesta di voler venir meno al rapporto associativo.
L'interruzione del rapporto associativo medita di essere correttamente formalizzato, alla stregua delle previsioni statutarie
Il fatto. L'associazione di amministratori professionisti “Gamma” ha ingiunto ad un suo associato – gia' vice presidente dell'area comprendente la provincia di Roma - il pagamento della somma di tremila euro, oltre accessori, a titolo di pagamento dei contributi associativi riguardanti diverse annualita' (correnti dal 2007 fino al 2013). Il professore Caio ha opposto il decreto ingiuntivo, lamentandone l'illegittimita' .
In particolare, il predetto ha affermato di non esercitare la professione di amministratore condominiale proprio dal 2007 e di essersi, gia' da allora, cancellato presso la camera di commercio.
=> Il concetto di associazioni di imprese
L'associazione, a suo avviso, non avrebbe titolo per chiedere il pagamento della quota associativa; ad ogni buon conto, secondo il professore la previsione statutaria che contemplava la decadenza automatica dall'associazione al momento in cui non si fosse pagata la prima quota annuale, avrebbe dovuto comportare la relativa decadenza automatica, con l'ovvia conseguenza che le annualita' successive al 2007 non fossero dovute in ragione della maturata morosita' .
Il Giudice di pace adito ha, tuttavia, confermato il decreto ingiuntivo opposto da Caio; il quale, verrebbe da dire “non pago” di tale ulteriore provvedimento, ha deciso di impugnare la sentenza di che trattasi avanti al Tribunale capitolino per violazione di legge.