Il codice civile prevede, a tutela dell'interesse del compratore che abbia acquistato un immobile, una responsabilita' del venditore per i vizi della cosa preesistenti alla conclusione del contratto, riconducendola nell'alveo di un'obbligazione di garanzia nascente dal contratto stesso: l'art. 1476, rubricato appunto Obbligazioni principali del venditore,prevede al n. 3) il generico obbligo «di garantire il compratore dall'evizione e dai vizi della cosa».
Piu' specificamente, l'art. 1490, comma 1, c.c. stabilisce che «il venditore e' tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui e' destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore».
Detta garanzia opera pero' in presenza di vizi materiali occulti o comunque non facilmente riconoscibili da parte dell'acquirente.
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Il caso Nella fattispecie in questione, l'acquirente, dopo essere entrato nella disponibilita' dell'immobile ed aver avviato i lavori di ristrutturazione, aveva scoperto che il solaio era gravemente compromesso e necessitava di un intervento di manutenzione straordinaria; denunziato tempestivamente il vizio, aveva chiesto una riduzione del prezzo ex artt. 1492-1495 c.c., a fronte di una spesa sostenuta - dichiarava la compratrice -pari quasi a meta' dell'intero prezzo di vendita dell'immobile.
Il Tribunale aveva rigettato l'istanza dell'acquirente, osservando, da un lato, che il prezzo di vendita fosse congruo alle condizioni di vetusta' dell'immobile, dall'altro che, al di fuori delle ipotesi di difetto di produzione,fabbricazione o formazione, non si potesse configurare vizio redibitorio occulto.
In sede di appello, il giudice aveva riformato la sentenza impugnata, affermando al contrario la natura occulta del vizio in questione e la conseguente operativita' della garanzia di cui all'art. 1490 c.c. - a nulla ostando la vetusta' dell'immobile: il vizio riguardava, infatti, parti non visibili, e non poteva dirsi legato alla risalente datazione dell'edificio medesimo, il quale era stato venduto come immediatamente fruibile ed esente da vizi che ne compromettessero l'uso.
Le alienanti proponevano dunque ricorso per cassazione, ribadendo, in particolare, che la contestata situazione di precarieta' del solaio non potesse qualificarsi come vizio redibitorio, ma quale condizione di deterioramento connesso alla vetusta' dell'edificio; e lamentando che la Corte d'appello avesse, senza alcuna motivazione sul punto, asserito che le parti venditrici avevano garantito l'immediata abitabilita' e il buono stato dell'edificio - detta circostanza era stata indicata solo nell'inserzione dell'agenzia sostanzialmente a scopo pubblicitario, ma non era stata riportata nel contratto di compravendita.
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La decisione della Corte: la riconoscibilita' di un vizio non coincide con la visibilita' I giudici di legittimita' hanno accolto le doglianze delle ricorrenti: la Corte d'appello ha del tutto omesso di chiarire sulla base di quali circostanze abbia fondato la propria interpretazione circa la natura e il contenuto degli accordi intercorsi tra le parti.
Il giudice dell'appello si e' infatti limitato ad affermare la natura occulta del vizio in questione, senza tuttavia accertare se il medesimo potesse considerarsi un'imperfezione relativa al processo produttivo o di fabbricazione o alla conservazione - solo in tal caso, ricorda la Cassazione, puo' riconoscersi la sussistenza di un vizio redibitorio (in motivazione si richiamano, tra le tante, Cass. civ., sez. II, 29 aprile 2010, n. 10285; 7 marzo 2007, n. 5202; 25 settembre 2002, n. 13925).
E il mancato approfondimento circa tale questione risulta invece decisivo: «la garanzia per i vizi redibitori non copre i rischi che l'acquirente per forza di cose assume acquistando un bene in relazione al quale il vizio che lo affetta sia da ritenere facilmente riconoscibile, cioe', individuabile con l'ordinaria diligenza.
Appare ragionevole ritenere che l'acquisto di un bene di vetusta costruzione, la cui datazione non sia stata celata dalla parte alienante e che anzi ne porti i segni['¦], possa far ritenere agevolmente riconoscibili vizi, anche importanti, che lo affettino».
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Di conseguenza, non assume alcuna rilevanza la circostanza che la parte degradata riguardi porzioni dell'immobile, quali il tetto, il solaio o le fondamenta, che non sono immediatamente visibili.
Il giudice dell'appello, al contrario, ha considerato risolutiva proprio tale circostanza, ossia che la parte bisognosa di interventi non fosse percepibile dall'esterno; in tal modo, tuttavia, si fa coincidere la riconoscibilita' con la visibilita' , mentre «riconoscibile non e' solo il visibile», poichè deve reputarsi come riconoscibile «anche quel che e' ragionevolmente prevedibile sulla base del complesso inferenziale del fatto».
Di contro, chiosa la Cassazione, il visibile non sempre e' riconoscibile come vizio. Per la verita' ,il vizio conoscibile non appare sempre facilmente identificabile.
Se, infatti, puo' definirsi quale vizio conoscibile quello non constatato o riconosciuto dal committente (o dall'acquirente nel caso del contratto di compravendita) prima o all'atto dell'accettazione dell'opera ma che, con l'ordinaria diligenza, avrebbe potuto essere percepito, in pratica diventa piuttosto difficile individuare i criteri per identificare la conoscibilita' del vizio o della difformita' , dal momento che la conoscibilita' varia in relazione al livello di preparazione specifica del committente (o della parte compratrice nel caso di specie).
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