La vicenda. Nel 2011 i NAS, nel corso dell'ispezione presso l'abitazione di Tizio e Caio, rilevavano la presenza di 29 cani e, ritenutane la detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali per numero, condizioni di custodia e promiscuita' , ne ordinavano il sequestro amministrativo (50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000).
Per tali motivi, i cani venivano affidati in custodia all'Ente Nazionale Protezione Animali.
Successivamente il sequestro veniva convalidato con ordinanza del direttore del corpo di polizia municipale. Avverso l'ordinanza di convalida gli opponenti presentavano opposizione.
L'opposizione viene accolta (parzialmente) consentendo ai ricorrenti di tenere presso di sè 5 cani a scelta e confermando per il resto il provvedimento opposto.
I ricorrenti, contestavano il provvedimento sindacale, e pertanto provvedevano ad impugnare il provvedimento innanzi al TAR con alcune relazioni di esperti.
=> La proprietaria di un immobile e' stata condannata perchè aveva sottoposto 24 cani diversi a pessime condizioni.
=> Immissioni intolleranti provenienti da un immobile dove gli animali erano segregati e sedati con tranquillanti.
Il precedente della Cass. Penale 50635/2017. Con ordinanza, il Tribunale di Rieti rigettava la richiesta di riesame proposta nell'interesse dell'indagata Tizia con cui si censurava il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP/tribunale della stessa citta' avente ad oggetto 24 cani e box in paleria e rete metallica nei quali erano detenuti i predetti animali dalla medesima, presso l'immobile di sua proprieta' .
Successivamente, secondo la Corte di legittimita' le pessime condizioni in cui vennero rinvenuti gli animali deponevano per la perduranza in loco degli stessi da data molto antecedente al sequestro ed alla detenzione in carcere dell'indagata.
In argomento, gli ermellini, conformemente ai principi della giurisprudenza di legittimita' , hanno precisato che 'il delitto di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura di cui all'articolo 727 c.p., comma 2, ha natura di reato permanente, la cui consumazione inizia nel momento in cui l'autore del reato tiene gli animali nella condizione vietata e cessa nel momento in cui rimuove detta condizione o ne perde la disponibilita' , anche per effetto del sequestro disposto dall'autorita' giudiziaria (Cass. Pen. Sez. 3, n. 21460 del 03/02/2015). Pertanto 'chi detiene animali nella propria abitazione in condizioni incompatibili con la loro natura, e' responsabile penalmente'.
=> «Canile condominiale» e regolamento di condomino intoccabile.
Il ragionamento del TAR Piemonte. Preliminarmente il T.A.R. si pronuncia sulla natura dell'atto impugnato, chiarendo che il sequestro confermato in sede di opposizione resta un provvedimento di natura cautelare, destinato a perdere automaticamente efficacia ove non intervenga la confisca (che lo assorbe) e comunque nel massimo termine di sei mesi.
Nel caso in esame, pertanto, il ricorso viene ritenuto improcedibile per la perdita di efficacia ex lege del provvedimento di sequestro.
Premesso cio', quanto al merito della vicenda, secondo i giudici amministrativi, a seguito delle lamentele di alcuni vicini, il servizio veterinario di igiene e sanita' pubblica della ASL competente aveva effettuato un sopralluogo presso la proprieta' , riscontrando una situazione critica.
In un primo momento, ai ricorrenti era stato prescritto di provvedere allo sgombero di materiali ivi accumulati, alla pulizia e disinfezione; provvedimento rimasto, tuttavia, inottemperato.
In seguito a nuovi esposti, dunque, veniva effettuato un sopralluogo da cui scaturiva il verbale poi oggetto di convalida e successiva opposizione: in particolare, i Carabinieri rilevavano la presenza dei 29 cani detenuti in condizioni incompatibili con la loro natura per numero, modalita' di custodia e promiscuita' .
Inoltre, soggiunge l'amministrazione, con un nuovo sopralluogo in una fase successiva venivano individuati ulteriori 14 cani, oltre ai 29 gia' oggetto dei provvedimenti impugnati, che risultavano convivere con ratti, con i quali condividevano cibo e acqua, oltre che essere affetti da patologie comportamentali. Quanto alle relazioni di parte, secondo il Tar queste non sarebbero idonee a sconfessare i plurimi accertamenti disposti dall'amministrazione e prodotti in giudizio, aventi tutti esito sostanzialmente univoco circa la condizioni critiche in cui venivano tenuti gli animali.
Addirittura, spiega il T.A.R., in una delle due relazioni invocata a proprio favore da parte ricorrente, si legge espressamente come il veterinario redattore non abbia potuto osservare gli animali.
=> Immissioni da abbaiare di cani. E' responsabile la proprietaria.
In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte, con la pronuncia in commento hadichiarato il ricorso in parte inammissibile e in parte improcedibile; per l'effetto ha condannato i ricorrenti alle spese di lite e ordinato l'esecuzione della sentenza da parte dell'autorita' amministrativa.
TAR_Piemonte_sentenzan.137-2017.pdf